La storia

Quella delle genti di Sicilia è una storia che si perde nella notte dei tempi. Centro di ogni sua pagina è il culto per la Madre Terra; esaltato, scardinato, usurpato e rinvigorito in ciascuna delle radici che lo vivificano. Cronache e leggende ne descrivono l’anima con pari dignità: un’anima succosa e arida, sinuosa e carnale, fascinosa e spietata. 

Per i Greci la Sicilia era impervia dimora di giganti, ma anche porto enigmatico, col suo ancestrale numero tre scolpitogli addosso dal mare. La storia di un crocevia, di un’isola. E, quindi, una storia immersa nelle storie.

Una di queste la raccontarono più di tremila anni fa, in Egitto, e ci parla dei Popoli del Mare. Si accavalla alle sorti della sorella Sardegna, alle rotte egee e ai venti d’Anatolia, nel cuore di una guerra per il Nilo voluta dai Libii del deserto. Un patto li portò a sfidare i sovrani egizi sulle acque del Delta; la loro duplice disfida fu minuziosamente incisa nel tempio di Ramses III, alle porte di Tebe.

Quelle iscrizioni ci mostrano un popolo armato di falcetti e lance, con berretti lunghi e piegati sul dorso; narrazioni ittite di quel tempo li descrivono – con straordinaria semplicità – come “popolo che vive su barche”.

Shekelesh, si chiamavano. Siculi. Certi li dissero turchi, cretesi, certi li pensarono “nordici”, continentali, liguri, persino indigeni della futura Roma. La loro vicenda proseguì sulle coste orientali dell’isola a cui, stando a questi racconti, donarono il nome, Sicilia. E che avrebbe conosciuto altre mille derive, altri mille approdi.